Sail4parkinson
Parkinson: spiegare le vele della propria vita
Un’esperienza unica, che ha visto quattro giovani pazienti imparare la delicata arte della navigazione a vela e i segreti del mare. Una medicina che guarda al malato nel suo complesso, nel tentativo di ricreare fiducia e confidenza nelle proprie capacità.
Il Parkinson non è solo quello che appare, tremori, rigidità e difficoltà dei movimenti. Dietro a questi sintomi, in genere ben gestiti si possono nascondere stati di animo e comportamenti inusuali con grande eterogeneità, definiti “sintomi non motori”: ansia, depressione, apatia, psicosi, ossessioni e disturbi del comportamento. Oltre a questo il paziente rischia di rinchiudersi in sé stesso, di condurre una vita sedentaria, abitudinaria, perennemente riferita alla malattia, e difficoltà a intraprendere nuove iniziative con aggravamento anche dei disturbi del movimento.
Si crea un circolo vizioso che gli organizzatori di Sail 4 Parkinson hanno provato a spezzare con un progetto inedito, portato avanti dall’ associazione “ParkinZone” con la collaborazione della Compagnia teatrale Klesidra. Il cuore clinico dell’iniziativa è stato il dottor Nicola Modugno, Responsabile del Centro per lo Studio e la Cura della Malattia di Parkinson dell’I.R.C.C.S. Neuromed. Assieme a lui, Daniela Meloni (Limolo Vela) e Giangi Chiesura, Guida Ambientale Escursionista (Naturawentura)e Imogen Kusch (Klesidra).
“E’ opinione comune – dice Modugno – che i pazienti con Parkinson non riescano ad apprendere facilmente nuove abilità, affrontare nuove situazioni, sviluppare nuove capacità e adattarsi con facilità ai cambiamenti. Ci raccontano di sentirsi spesso “bloccati” con il corpo e con la mente e di “di non poter” svolgere determinati compiti come per esempio camminare pur essendone in grado.
Apatia e anedonia possono essere sintomi subdoli e molto invalidanti.
Con Sail 4 Parkinson i pazienti hanno conosciuto delle nuove attività: la vela e lo scivolamento sull’acqua. Questo perché entrambi sono ricchi di cambiamenti rapidi, necessitano di adattamento alle condizioni atmosferiche, di decisioni improvvise e subitanee e richiedono capacità, performance e sincronia del gruppo”.
Il progetto si è svolto in Sardegna, nella Penisola del Sinis, tra Torregrande, Tharros, Cabras, Putzu Idu, Capo Mannu e l’isola di Maldiventre. Ha coinvolto quattro pazienti di età compresa tra i 45 e i 56 anni. Per una settimana hanno imparato tutti i rudimenti della navigazione, dal preparare la barca a issare e ammainare le vele fino al timonare in mare aperto. Ma non solo: hanno affrontato la non certo facile arte del surf e dello stand-up paddling (in cui si sta in piedi su una tavola da surf e si manovra una pagaia per muoversi), hanno nuotato e camminato con i bastoncini da Nordic Walking. Oltre a questo hanno visitato stagni e saline, campagna e montagna, hanno pranzato ogni giorno su una spiaggia diversa, cenato in campagna, ballato, suonato e partecipato a degustazioni.
“Il contesto ambientale è estremamente importante. – continua Modugno – Nel Sinis il mare e la natura predominano, e tutte le attività si svolgono in funzione di essi e del clima che può cambiare molto velocemente con il levarsi del vento di Maestrale o Libeccio. La natura insegna i cambiamenti, l’elasticità, l’adattabilità e l’apprendimento. La speranza è che tutto ciò possa contribuire a generare felicità e divertimento, consapevolezza e soddisfazione per le proprie abilità e potenzialità. E da tutto questo viene il tesoro forse più importante che un paziente può riportare indietro: la fiducia in sé stesso, l’autostima”.
E’ bene sottolineare come un’attività del genere non sia solo svago: alle spalle c’è un serissimo bagaglio di ricerca. I lavori scientifici dell’ultimo decennio e le esperienze cliniche hanno infatti dimostrato che le attività sportive e artistiche praticate in maniera costruttiva e coinvolgente sono in grado di migliorare sensibilmente la gestione di sintomi come apatia, ansia, depressione, paura e anche le alterazioni posturali e i disturbi della coordinazione motoria che influiscono in misura considerevole sulla qualità della vita dei pazienti. Ciò che le recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato è che le attività sportive e l’esercizio fisico costante sono in grado di stimolare la “plasticità neuronale”, la capacità del sistema nervoso di imparare e adattarsi e probabilmente a stimolare la neuroprotezione. Oltre a questo numerose evidenze scientifiche hanno dimostrato che la motivazione e gli incentivi possono migliorare il controllo nelle azioni cognitive e i comportamenti motori. L’impressione conclusiva ricavata da questa esperienza è stata che riuscendo a creare un contesto adeguatamente stimolante, bello e accogliente, il paziente è in grado di trovare risorse apparentemente sopite e superare dei limiti apparenti comparsi nel percorso di malattia. E infatti per il dottor Modugno, che nel centro Neuromed segue circa un migliaio di pazienti, Sailing Parkinson non è certo la prima iniziativa rivolta al coinvolgimento totale. Teatro, arte e danza sono ormai parte integrante dei suoi piani terapeutici.
Testimonianze
“E’ stata una esperienza entusiasmante e capace di stimolare in me quanto sopito e ovattato dalla malattia.
Ho percepito il vento, i sapori, i colori in modo netto e libero. La sensazione di salpare, di mollare gli ormeggi, è stata per me la metafora di poter provare a galleggiare in una nuova realtà possibile, verso nuovi orizzonti e consapevole che i miei limiti possono essere anche spostati più in là, non di molto, ma di quel tanto che basta per sentirti vivo e sereno. Come se il cerchio che si stringe sempre di più si sia allentato per una settimana…
…Il paziente che scavalca lo spazio della visita tra quattro mura e si dilata in dimensioni di prove, tentativi, rimodulazioni, prese di coscienza. Contro ogni regola medica ci è stato iniettato il coraggio di fare qualcosa di diverso e ai limiti delle proprie possibilità. A tutti va il mio grazie di cuore…”
“…L’organizzazione ci ha catapultato in una realtà totalmente nuova, sfidante in termini di orari e cambiamenti nei ritmi della giornata tanto che inizialmente mi sono preoccupato di non farcela o per lo meno di doverlo scontare in termini di salute, invece poi ogni sforzo si è rivelato possibile e ogni tappa è stata rispettata. L’alimentazione non solo è stata estremante sana dal punto di vista nutritivo ma estremamente appagante al palato e alla vista. La grande Daniela ha saputo stupirmi in ogni piatto e perfino in ogni panino. Un gusto indimenticabile che si sposava perfettamente alla terra selvaggia di Oristano. Le splendide erbette dell’orto, onnipresenti, mi hanno stimolato quei quattro neuroni dopaminergici residuali regalandomi una sensazione piacevolissima.
Accompagnati dal Land Rover di Giangi abbiamo attraversato terre e coste selvagge, piene di vento e di storia, e le sue spiegazioni mi hanno fatto conoscere una fetta di mondo che avevo visto solo sulle carte geografiche…”