Capo Mannu Wind & Waves

La vera storia di Capo Mannu… (una delle tante)

“…portatemi un giorno sulla collina del Sinis, davanti al Mediterraneo, e mettetemi sotto la nuca una conchiglia verde perché la voce del mare mi canti ancora all’orecchio. Ch’io dorma là, tra i lentischi, cisti ed asfodeli, col suono delle onde sull’arenaria, sotto l’ala dei falchi e il volo ampio e molle dei gabbiani. Ch’io dorma sulla petraia del Sinis…”.

Questi versi scritti dal grande Prof. Pau suonano come un’atto d’amore verso il Sinis, sono parole che testimoniano l’attaccamento dei sardi, quelli che hanno “l’acqua di mare che scorre nelle vene” verso il loro mare, verso quello che il mare gli può dare.

Sul Capo si è scritto molto e, a volte con poca reale conoscenza. Perciò, con un po’ di coscienza ci proverò io. Sono praticamente nato nel mare, posso veramente dire di aver vissuto in prima linea la scoperta del windsurf e del surf con l ’arrivo delle prime vele e delle prime tavole da onda come le mitiche tavole scuola Star Cut ed i primi “wave” Rocket in polietilene.

Graziano, Bobo, Giangi……

La storia completa

Non c’è alcun dubbio sul fatto che i primi uomini che solcarono le acque del Golfo di Oristano e quindi anche le acque del Capo furono in nuragici in un periodo compreso tra il 2000 ed il 1500 a.c.; Con molta probabilità questi uomini, vincendo la paura di un elemento a loro poco conosciuto e la paura dell’ignoto arrivarono sulla costa occidentale della Sardegna dalla Penisola Iberica, spinti dalle costanti correnti e perturbazioni atlantiche. Sicuramente con imbarcazioni primordiali e pericolose. Proviamo ad immaginare un loro approdo sulla costa Ovest con mare attivo o scaduta… Credo non sia sbagliato dire che in un modo furono loro i primi surfisti della storia. Dopo di loro è stato un continuo assalto alle coste della Sardegna da parte dei vari popoli che si sono alternati per il dominio del Mediterraneo. Lungo tutta la penisola del Sinis vi è la più grande densita’ di torri nuragiche di tutta la Sardegna che, insieme alle Torri Aragonesi ,costruite a partire dal 1300 d.c. in difesa delle coste per le frequenti incursioni dei pirati Saraceni, costituirono un efficiente sistema di avvistamento per tutto ciò che arrivava dal mare. Sul promontorio di Capo Mannu c’è una Torre Aragonese ancora ben conservata. Con un po’ di incoscienza ogni tanto mi arrampico fino alla sommità. E’ incredibile la bellezza del mare che si vede, quanto è lontana la linea dell’orizzonte. Immagino i guerrieri che scrutavano il mare…, erano sicuramente i primi a vedere il vento arrivare, le onde crescere ed infrangersi sulle scogliere. Chissà se qualcuno di loro avrà mai pensato di poter giocare con le onde…

La storia di questa parte della Sardegna è veramente affascinante, ed è facile farsi prendere la mano, perciò cerco di tagliare ed arrivare fino ai giorni nostri.

Dopo un’infinito numero di onde “sprecate” nel corso dei millenni, negli anni ’70 due sparuti gruppi di aspiranti windsurfisti uno di Cagliari e l’altro di Oristano cominciavano a fare le loro prime esperienze con tavoloni, derive e boma di legno. Mentre nel cagliaritano era più facile reperire materiale ed appassionati, nell’oristanese una pinna, un trapezio, una muta erano cose preziose e trovarle era veramente difficile. I primi praticanti erano quei pochi fortunati che, grazie alle proprie famiglie avevano vissuto dalla loro infanzia sulla costa. Per un po’ di tempo i due gruppi sono rimasti separati poi con l’avvento della classe Windsurfer e le prime regate zonali si sono stabiliti i primi contatti e sono venuti fuori i nomi dei veri pionieri del windsurf e surf sardo. A Cagliari Barrella, Ciabatti, Brianda, Strazzera, Loi, Sanjust, Racca, Stagno per citarne alcuni, Blumenthal, Bobo Lutzu, Giangi Chiesura, Angelo Fadda per citare qualcuno dei più rappresentativi oristanesi. Dopo i primi anni di pratica con i “rabbasoni”(tavoloni), sfogliando le prime riviste del settore (Windsurf Italia…) capimmo che si poteva fare il wave!! Ed allora via a Cagliari dai primi shaper isolani Giovanni Fabbri e Stefano Diana. Ricordo ancora l’entusiasmo e la voglia di provare subito quelle tavole nelle onde, e ricordo anche gli schiaffi presi nei close out di S’Arena Scoada nelle prime uscite… Era la fine degli anni ’70. Io personalmente credo di aver surfato la mia prima onda nel ’78 a Mandriola con il wave in polietilene della Star Cut chiamato Rocket. Poi un giorno arrivarono i Cagliaritani… Si potrebbe paragonare la loro calata sulla costa ovest come l’ennesima invasione del Sinis, ma non fu così. Infatti la pura passione per questo nuovo ed affascinante sport andava oltre ogni confine e tutti insieme si condivideva la scoperta di uno spot o l’avvento di una novità, tavola o vela che fosse. Il localismo non ha mai fatto parte della storia del surf o del windsurf. Mi dispiace che molti praticanti delle nuove generazioni non sentano praticando questi sport l’estremo e profondo contatto con la natura, con l’elemento acqua, con la persona che sta condividendo con te la tua passione. Fare un bottom od un aerial su una cristallina onda di 3 metri non può generare odio o gelosia…; sono d’accordo sul fatto che chi va a surfare da straniero fuori casa deve avere il massimo rispetto per i locals e soprattutto per gli “storici” rispettandone le usanze.

A proposito del surf da onda, storicamente parlando credo di poter affermare che il Capo sia stato violato per primo da una tavola da onda. Mentre Doc Bobo tra un esame universitario e l’altro costruiva la prima tavola da onda, da Cagliari arrivava Andrea Racca, giovane studente in California, dove aveva imparato l’arte del surf, e sicuramente tra i primi a surfare le onde del Capo. Insieme a lui uno dei primi a surfare al Capo “da onda “ è stato sicuramente Giorgio Pietrangeli, uno dei grandi padri del surf italiano. Questo succedeva attorno alla metà degli anni ’70. Io e Bobo surfavamo i terribili close out di S’Arena Scoada. Poi sfidando il grande Capo ci buttammo anche noi tra le sue onde. All’inizio era veramente una grande sfida; del surf e del Capo sapevamo veramente poco ed ogni drittone era per noi una gioia incredibile. Ho ancora il ricordo di interminabili giornate in acqua passate a divedersi in due onde fantastiche. In quei primi anni molti erano attratti da questo affascinante sport, alcuni rinunciarono, altri hanno continuato a surfare un’onda che probabilmente gli accompagnerà per tutta la vita. Onda dopo onda si andava formando quel gruppo di surfisti primordiale che avrebbe gettato poi le basi del surf sardo. Mi viene in mente la figura del bravissimo Giorgio Stagno che arrivava da Cagliari con Gigi Barrella e Pinzo Antonello Ciabatti. Anche lui con Andrea Racca credeva nel surf e nel potenziale di questo posto. Presto il gruppo compatto cominciò ad esplorare gli spot vicini. Quando il Capo era troppo grosso e le onde schiumavano scoprimmo il potenziale del Minicapo: beach break con destra e sinistra a volte tubante e molto veloce; quando lo swell è grosso, con vento di tramontana o grecale, la sua onda sbafa ed è davvero fantastica ed impegnativa. Col passare del tempo il numero dei surfisti cresceva, e così anche la necessità di nuovi picchi… Ecco quindi la scoperta del Medicapo o Gozzilla ad opera del forte local oristanese Fofo. Ancora oggi questo piccolo spot è esclusivo presidio degli oristanesi. Tra la fine degli anni ’70 ed i primi degli anni ’80 cominciava a spargersi la voce anche nella penisola sull’esistenza di incredibili condizioni di onda sulla costa ovest della Sardegna. Cominciarono così ad arrivare i primi “stranieri”: Maddaleni, Pietrangeli, D’Angelo e gli altri storici surfisti della Penisola. Dopo di loro il suono delle onde ha cominciato a viaggiare nel vento… ed ecco arrivare i primi grossi nomi: ho ancora in mente i grossi ondoni surfati con una 7’ dal grande Anders Bringdal portato qui da Roberto Ricci. Dopo di lui, a metà degli anni ’90, la leggenda hawaiana Josh Angulo si è esibito in surfate veramente impressionanti. Mentre i pro si esibivano in radicali manovre anche noi poveri mortali cominciavamo ad innalzare il livello. E a scoprire nuovi spots. Storico il Chutz Point, vicino al Medicapo, dal nome dell’ormai stanziale local Chutz. La vera consacrazione del Capo è stata fatta in una soleggiata giornata di primavera del ’99 quando le leggende del surf mondiale Dave Kalama, Jeff Akman, Rusty Kelauana, in occasione del Quiksilver Pro Tour, sono entrati in acqua… Lo stile e la radicalità che hanno messo in mostra ha veramente impressionato quei pochi fortunati che quel giorno hanno potuto vedere con i propri occhi un tale spettacolo. Anche i tre “ragazzi” sono rimasti impressionati dalla qualità delle onde, credevano che il loro fosse un tour votato più a firmare poster che a surfare…! E’ stato fantastico vedere Kalama indossare con varie imprecazioni muta intera e calzari che a sentire lui non aveva mai messo!

Torniamo indietro di una ventina di anni per vedere cosa invece succedeva quando si surfava al Capo con una vela sulla tavola…

Nel windsurf come nel surf si era formato un gruppo storico cagliaritano/oristanese Ciabatti, Barrella, Sanjust, Fabbri, Diana, Chiesura, Blumenthal, Fadda, Tore ed altri … che surfavano le prime onde quando le grosse mareggiate di maestrale arrivavano fino alla spiaggia di Mandriola. Un bel giorno bordeggiando lungo il promontorio qualcuno si rese conte delle grosse onde che con grande regolarità si susseguivano lungo il promontorio del Capo. Era nata la scintilla! I più temerari Barrella,Ciabatti ed io cominciammo a fare i primi drittoni ed a prendere i primi schiumoni scoprendo sulla nostra pelle e sui nostri alberi come surfare, dove uscire e come domare quelle stupende onde. Il primo grande pro che fece i primi grandi aerial al Capo ed al Minicapo fu senza dubbio Cesare Cantagalli. Cesare comprese subito il grande potenziale di questi spots, ne rimase veramente affascinato e da allora è rimasto affezionato a queste onde tanto che spesso i test delle sue nuove vele vengano fatti proprio qui.

Come nel surf anche nel windsurf i pro come Anders Bringdal e Josh Angulo sono rimasti stupiti del fatto che nel Mediterraneo potessero trovare condizioni così radicali. Anche l’australiano Scott McKercher ha avuto il piacere di piegare in più occasioni con e senza vela le onde del Capo. L’ultimo grande pro che ha navigato al Capo e al Mini in condizioni mitiche ad aprile di quest’anno è stato il kiter Max Bo. …Ci mancava solo il kite al Capo!! Dai Fassoni, le imbarcazioni in giunco di palude, costruite dagli antichi fenici, al kevlar delle tavole al ripstop delle vele, Il progresso non si fermerà mai…

Alcune curiosità sul Capo:

Il Capo non è sempre stato gioia e felicità ma anche sangue, dolore e soldi andati via… E’ grazie al surfista Doc Bobo ed alla sua borsa di pronto soccorso sempre in macchina, che molti ragazzi sono stati ricuciti nella spiaggetta del Capo o sul promontorio del Mini. Questo per aver sottovalutato le loro capacità o la grande potenza delle onde unita alla pericolosità delle rocce e della corrente.

Capo Mannu: grande Capo, …the main spot.
Gozzilla: reserved and restricted surf area, qui surfano solo i local. deve il suo nome al panettone roccioso che si erge fino al pelo dell’acqua…
Minicapo: il figlio del Capo, spesso non proprio mini…
Chutz Point: dal nome del local scopritore
Alcuni nomi locali: Nas’e pompa, Salame, Pisisi, Gioccattoleddu, Crosta, Cerniotto, Millimetrico, Legenda, Miziga, Uaca, Tecà, Taba, Fofo, Giando, Orsetto, Nik & Mig,…

Sul Capo, sulla gente del Capo, sulle sue storie si potrebbe scrivere un grande libro. Forse un giorno si farà. Per ora mi scuso con chi non è stato nominato perché sicuramente ci sarà stato qualcuno in qualche tempo che, solitario, ha surfato con immensa gioia questi incredibili doni del mare chiamati onde.

A si biri in su mari…
Giangi

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